Fotografi e tecnologia

Fioccano più che mai notizie su nuovi corpi macchina su cui algoritmi di intelligenza artificiale riescono a scegliere il punto di messa a fuoco in determinate condizioni e su determinati soggetti. I software di foto ritocco si avvalgono di nuovi algoritmi digitali di IA per editare con un solo click le nostre foto. I cellulari ormai da tempo integrano tecnologie avanzatissime per riuscire a correre dietro e a volte superare le sorelle maggiori nate per lo scopo di immortalare i nostri momenti più belli.

Cosa sta succedendo realmente? Vi siete mai interrogati su come i fotografi riuscissero a produrre foto iconiche o immagini di sport, o qualunque altro genere senza l’ausilio di tutte queste novità? La tecnologia ci sta aiutando o ci sta distruggendo?

Sono un fotografo nato nell’era digitale, sebbene da piccolo io abbia avuto più di un’occasione di utilizzare macchine fotografiche sia reflex che compatte a pellicola. L’unico rimpianto è non esser riuscito ad imparare ad usare la camera oscura, ed è per questo senso di colpa che mi sono sempre applicato in maniera piuttosto maniacale allo studio della post produzione in “camera chiara” cercando di non automatizzare troppo il lavoro evitando scorciatoie a suon di preset, azioni, automatismi e quant’altro.

Negli ultimi anni mi sono trovato a fronteggiare una rivoluzione tecnologica impressionante che per certi versi ha semplificato il lavoro, per altri ha totalmente posto un muro tra chi scatta e la foto finale. “Quale muro?” vi starete chiedendo: Il muro della post produzione, e sempre di più anche quello della produzione stessa dell’immagine. Faccio un paio di esempi semplici: la risoluzione dei sensori è andata via via aumentando consentendo il ritaglio e la “composizione” dell’immagine in post produzione; un secondo esempio è dato dalla capacità di guadagno dei sensori che permette sempre di più di scattare in condizioni di scarsa illuminazione e ha fatto lasciare a molti il flash a casa. Ma potremmo aggiungere i nuovi sistemi di auto-focus, la possibilità di editare le fotografie sulla fotocamera, i filtri per la post produzione, la “preveggenza” dello scatto con la scrittura continua nel buffer che vi permette di aver premuto il tasto dell’otturatore PRIMA ancora di averlo fatto o pensato… Di esempi ce ne sarebbero a centinaia e gran parte di essi è frutto tecnologico molto attuale.

Tutto questo progresso apre sicuramente nuove porte alla fotografia (si pensi alla possibilità di scattare foto di fulmini in pieno giorno ad esempio, soggetto difficile anche per chi utilizzava sistemi esterni a fotocellula) ma a che prezzo? Lo scrivo in maniera piuttosto provocatoria riportando ciò che in molti hanno sempre detto a noi fotografi al momento di metter mano al portafoglio: “Ci riesce anche una scimmia ammaestrata a premere un tasto”. Beh, care Cassandre del nuovo Millennio, fra un po’ ci riuscirà davvero anche una scimmia ammaestrata a portarsi a casa un bello scatto, ve lo concedo.

Tuttavia, a mio avviso, nessuna intelligenza artificiale riuscirà mai ad eguagliare quella piccola briciola che ancora brilla: la personalità del fotografo. Stiamo quindi forse per ritornare al periodo in cui la fotografia non era mera esecuzione di uno scatto ma frutto di anni di studio, di un modo personale di vedere e raccontare la realtà? Lo scopriremo nei prossimi anni, e nel frattempo: buona luce a tutti, anche alle scimmie!